mloiacono

Sono circa 206mila le Piccole e Medie Imprese italiane e circa 4 milioni quelle micro. Insieme rappresentano più del 95% delle imprese italiane. Sono numeri che fanno riflettere, soprattutto se consideriamo la difficoltà per ognuna di queste di risaltare rispetto alla concorrenza. Dunque, partendo dal concetto nato e approfondito nel libro di R. Mauborgne e W. C.Kim, abbiamo deciso di coinvolgere diverse realtà (sia locali che non – sia fisiche che solo digitali) per raccontare la loro identità e l’impatto che stanno cercando di portare attraverso il loro operato.

 

Che cos’è ROMADIFFUSA?

ROMADIFFUSA è un progetto nato da Bla Studio – uno studio creativo guidato da Maddalena Salerno e Sara D’Agati che si occupa di strategie creative, branding, grafica, eventi e comunicazione. È un progetto che mira a modificare la narrazione della Capitale, attivando e mettendo in rete la Roma contemporanea e le sue correnti dinamiche e creative. Attraverso festival itineranti in giro per i quartieri della città, dando voce, visibilità e risonanza a moltissime attività locali, piccoli business e realtà.

Concept

Roma diffusa press office

Raccontateci Romadiffusa: da quale idea è nato questo progetto e quali obiettivi vi siete prefissate di raggiungere?

ROMADIFFUSA nasce con l’obiettivo di spogliare Roma della sua percezione di città-museo dal passato glorioso soltanto. Mostrando la sua contemporaneità̀ diffusa e variegata, le correnti dinamiche, le manifestazioni artistiche e culturali recenti e non sempre visibili, i suoi angoli nascosti. 

Lo facciamo attraverso un festival itinerante che accenda periodicamente i riflettori su un diverso quartiere trasformandolo per 4 giorni, 24h su 24h, in un playground creativo dove contenuti inediti e disruptive incontrano location storiche e tradizionali.

Per farlo, costruiamo prima una mappatura dell’area, andando letteralmente porta a porta alla ricerca dei luoghi e delle realtà più autentiche e interessanti. Poi ci mettiamo alla ricerca di contenuti creativi attraverso call for content pubbliche e cherry picking fatto da noi. Infine, facciamo una sorta di tetris tra location interessanti e contenuti inediti e contemporanei, da un lato promuovendo ciò che esiste sul territorio (artigiani, gallerie, osterie tradizionali, teatri, etc.). Dall’altro portando contenuti da fuori (artisti, creativi, collettivi multidisciplinari etc.). Nel processo, si creano reti virtuose tra cittadini, istituzioni, imprenditori e artisti.

Evento

A settembre si è tenuta la seconda edizione del vostro Festival Itinerante, quali sono stati gli eventi e come avete declinato il programma rispetto alla prima edizione?

Rispetto alla prima, questa seconda edizione è stata molto più ampia e d’impatto. Ha abbracciato infatti gran parte del centro storico, preso d’assalto dai turisti e soggetto a un crescente svuotamento da parte dei residenti in favore di affitti brevi e alla proliferazione di attività̀ commerciali anonime e standardizzate.

Il programma ha attivato l’intera area dell’Ansa barocca (da lungotevere a Piazza Navona) per 4 giorni, dal 28 settembre al 1° ottobre, 24h su 24h. Con musica e performance itineranti nelle piazze e nei vicoli, che aprendo sia luoghi poco conosciuti e cortili e salotti dei palazzi e dimore storiche.

Le botteghe artigiane storiche del centro e gli studi d’artista hanno offerto al pubblico dimostrazioni e workshop. I musei e i palazzi hanno accolto contenuti contemporanei, dal workshop e installazione di Grossi Maglioni nel cortile di Museo Barracco a Planet Opal nel cortile di Palazzo Gaddi, a Neuf Voix a Palazzo della Cancelleria a una programmazione speciale al Museo Napoleonico.

Tra le performance che hanno animato piazze e vicoli c’è quella itinerante di Emiliano Maggi per le edicole sacre, a Post Ex, all’omaggio a Gabriella Ferri a Campo dei Fiori, alla maratona di pianoforte in Piazza Pasquino, alla Jam session a Piazza della Moretta. Mentre Via del Pellegrino si trasformerà in un parco gioco per bambini.

L’obiettivo, in questa edizione, è enfatizzare il contrasto tra storico, barocco e contemporaneo e moderno. Mostrando che non soltanto possono convivere, ma si arricchiscono e alimentano a vicenda, oltre a valorizzare le attività virtuose e autentiche.

Ad accompagnare, anche alcuni format di successo della prima edizione e che sono diventati anche il marchio di fabbrica del Festival. Mostre diffuse, musica dai balconi, stand up comedy nei bar, concerti nei garage e tributi a personaggi famosi davanti alle loro residenze storiche romane.

Piano Editoriale.

 In che modo strutturate il vostro Piano Editoriale pre-durante e post evento?

Curiamo la comunicazione in modo attento (quasi ossessivo). A partire dai testi, ogni tappa del festival è preceduta da mesi di mappatura e ricerca, fino ai visual (ogni anno scegliamo un diverso fotografo per lavorare sulla campagna, lo scorso anno abbiamo scelto Finn O’Hanlon, quest’anno Niccolò Berretta). E costruiamo le immagini lavorando sul tema del contrasto e dell’attualizzazione del racconto, anche visivo, della città e dei suoi simboli.

Dopodiché costruiamo il piano editoriale nella prima fase con contenuti teasing  e di racconto delle realtà/personaggi rilevanti dell’area, per poi focalizzarci sul format e gli eventi in programma che sono tantissimi e richiedono una programmazione fitta di post (dai due ai tre a settimana).

Anche il merchandise, ogni anno, viene ridisegnato scegliendo una diversa illustrazione che rappresenti il quartiere di riferimento.

Crescita.

Creare sin da subito un format di eventi così apprezzato e partecipato non è semplice… Quali strategie avete adottato e quali difficoltà avete riscontrato?

Gli ingredienti del successo del format sono sostanzialmente tre. 

Il primo sta nell’autenticità dell’idea e nel fatto che risponda ad una serie di esigenze reali, cui nessuno aveva mai dato voce fino adesso. Nella fattispecie:

L’incapacità di Roma di mettere a sistema e dare voce a ciò che di virtuoso esiste sul territorio (realtà  artigianali, collettivi multidisciplinari, artisti emergenti, luoghi non conosciuti e non comunicati) e l’incapacità di fare tra diverse realtà e  raccontarsi (a Roma esistono decine di realtà che fanno cose affini, e non sono a conoscenza l’una dell’altra.)

Il bisogno delle persone di tornare sul territorio e ad incontrarsi, dopo anni in cui sembrava che il digitale stesse soppiantando le pratiche aggregative.

Il secondo elemento di successo sta nella creazione di un format chiaro e ben organizzato, a partire dagli eventi (spiegazione, fruizione, prenotazione) fino alla comunicazione digitale e cartacea (programma chiaro, comunicazione digitale curata, semplice e diretta).

Il terzo crediamo sia molto legato a Roma, ai romani o a chi ha deciso di abitarci. Chi sceglie Roma, malgrado le difficoltà, la ama profondamente. Siamo felici di aver risvegliato un po’ gli animi delle persone che la scelgono ogni giorno, soprattutto le nuove generazioni, stanche di dire o di sentirsi dire che qui è tutto più difficile. Supportano noi, il Festival certamente, ma anche la città in cui si “rinasce una seconda volta quando si arriva per la prima volta”. E che oggi, e nei prossimi anni, vivrà sicuramente un rinascimento. La nostra è una chiamata aperta a tutti, perché crediamo che facendo rete questa città possa attivarsi, migliorarsi. Crediamo che tutti abbiano apprezzato il messaggio che portiamo avanti: far si che le cose succedano, anche (o perfino!) a Roma. 

Conclusione.

Condividereste tre consigli che dareste ad altri professionisti che hanno l’idea di lanciare un proprio format di eventi?

Il consiglio è uno, eppure sono tanti: guardarsi intorno, non affezionarsi ad un’idea ma cercare di rispondere ad un esigenze reale, sentita.

Oggi siamo immersi nella comunicazione e nella proliferazione di format di ogni tipo. Vittime di un’ipertrofia di contenuti che rischia di sopraffarci e confonderci. Troppo spesso si lanciano format e si comunica per l’esigenza di esserci, di esistere, di essere visti. Il rischio è di buttare nel calderone l’ennesimo format che non serve a nessuno e risponde solamente a criteri di natura narcisistica. 

Chi fa comunicazione e creatività oggi ha una responsabilità, proprio perché tutto è comunicazione e nella comunicazione siamo immersi, ed è quella di tornare sul piano dell’umano/tangibile. Di ribaltare il trend per cui il digitale cannibalizza il reale, il racconto soppianta il fatto stesso, per riportare invece l’evento, la relazione umana, l’autenticità al centro.

ROMADIFFUSA è il fatto, ossia un format che da voce alle realtà territoriali autentiche, agli artisti, ai creativi e che costruisce reti e valorizza, la comunicazione di esso, è funzionale a raccontare l’evento, e le realtà che pone al centro, nel migliore dei modi. Non è qualcosa che si sostituisce ad esso, ma un elemento che contribuisce e renderlo fruibile e conosciuto a farlo funzionare.

Il consiglio è tornare a fare cose di senso, utili alla comunità, che rispondano a esigenze reali, e farlo bene, con serietà e competenza, il resto verrà in modo naturale.

Take-away dell’intervista a Romadiffusa

Ringraziamo tantissimo Maddalena e Sara per aver risposto alle nostre domande. Prima di concludere e lasciarvi però, vogliamo condividere con voi tre insight utili che ci portiamo a casa analizzando questo progetto e che possono (speriamo!) essere utili anche per la vostra strategia:

1. Ascoltare le persone

Quando abbiamo un’idea, per capire se può funzionare dobbiamo necessariamente ascoltare ed empatizzare con le persone. Ascoltarle, capirle e anticipare i loro bisogni è veramente importante per dar vita a qualcosa di estremamente valoriale. Se vogliamo fare la differenza dobbiamo cambiare prospettiva e assumere il punto di vista delle persone che dovrebbero fruire di un nostro prodotto o servizio.

Con Romadiffusa si è partiti da un insight: l’arte e l’innovazione a Roma rappresentano un aspetto tanto ricercato quanto poco valorizzato. Sia da parte di chi crea, chi da parte di chi lo vive.

Tantissime persone ruotano intorno a questo mondo, ma nessuno – prima di adesso – era riuscita a darle una voce concreta e tangibile. Ci hanno pensato Sara e Maddalena che, coinvolgendo piccole attività locali, imprenditori e imprenditrici, artigiani, locali e realtà appartenenti ai vari quartieri della Capitale, hanno saputo dar vita ad un format di eventi attrattivo, coinvolgente e in grado di valorizzare e dare visibilità a chi fino ad oggi non ne aveva avuta affatto.

2. Ripartire dall’offline

L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Covid-19 ha cambiato radicalmente tutte le nostre abitudini. Nonostante ciò, ricostituire un rapporto “sano” tra online e offline è fondamentale per creare nuove opportunità di sviluppo e di valore.

Spesso, infatti, diamo per scontato che l’online sia la soluzione per tutto, dal momento che accorcia notevolmente le distanze. Al contrario, però, lo spazio fisico crea momenti di relazione, di confronto e di socialità... cosa che nell’online viene sempre a mancare, soprattutto quando si parla di eventi.

Con Romadiffusa, si è tornati alle origini partendo dal territorio e da ciò che fisicamente vediamo, tocchiamo e viviamo tutti i giorni. Quest’ultimo aspetto chiave essenziale della riuscita dell’intero format.

Oltre a questo – essendo un progetto che coinvolge principalmente un pubblico composto da giovani – aver dato vita a workshop, eventi ed interventi itineranti ha permesso alle persone di rincontrarsi e partecipare ad un qualcosa di “figo” ed “esclusivo”. Questo cambio di prospettiva è stato forse uno dei punti cardine e di posizionamento per questo progetto.

Per dare voce a quelle piccole realtà o artigiani e giovani artisti bisogna ripartire dalle cose semplici. L’online qui diventa un driver di fondamentale importanza per dare ancora più risonanza e visibilità a quell’evento, per creare FOMO e attesa e raggiungere sempre nuove persone.

Ecco perché – soprattutto in caso di eventi che coinvolgono realtà locali – ripensare all’organizzazione stessa in ottica ibrida e di continua comunicazione tra online e offline è la chiave. I confini tra questi due mondi sono sempre meno netti. Comprendere questo e creare costantemente ponti tra online e offline è ciò che permette di fare la differenza.

Dunque, la digitalizzazione ha permesso allo spazio e al tempo di accorciarsi. Ma non dobbiamo mai dimenticarci delle cose più semplici, che ci contraddistinguono.

3. Avere un’idea ed esprimerla al meglio

Ultimo punto da sottolineare riguarda il concetto legato all’identità e alla declinazione della stessa in modo sincronico, chiaro e goal-oriented.

Quando si decide di dar vita ad un nuovo progetto è essenziale definire gli asset di posizionamento rispondendo alle tre domande cardine: “cosa sono?”, “a chi sto comunicando?” e “perché lo sto facendo”. Se non riusciamo a rispondere in modo chiaro a queste tre domande (che sembrano essere semplici, ma in realtà non lo sono affatto) non riusciamo a delineare i confini del percorso corretto da intraprendere.

Sapere esattamente “chi sei” permette di dare un corpo, una personalità e una voce alla tua idea, che altrimenti rimarrebbe impersonale. Oltre a questo permette di acquisire riconoscibilità e distintività anche all’esterno.

Avere ben chiaro il profilo della persona a cui stai comunicando è fondamentale per conoscere qual è il suo Job-to-be-done e delineare il modo in cui puoi venirgli incontro per soddisfarlo.

E, infine, rispondere alla domanda “perché lo sto facendo”, che forse è la più complessa di tutte, ti aiuta a sapere quali sono i principi e i valori su cui si fonda il tuo brand e sopra di essi costruire quello che sarà il palazzo. Più solide saranno le fondamenta, più forte, duraturo e bello sarà il risultato finale.


Se volete scoprire di più su i prossimi eventi, vi invitiamo a seguire le loro pagine social, cliccando qui.